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giovedì 30 luglio 2015

Giorni in cui amo lei e odio tutte voi

E poi ci sono giorni che cominciano così: con la gnoma che mi sommerge di baci all'entrata dell'asilo, stringendomi e dicendomi "Ti voglio tanto bene, mamma, tanto tanto bene", chiedendomi un bacio e regalandomene altri mille, mentre le maestre cercano di convincerla a raggiungerle per fare un puzzle di Minnie. Giorni in cui riesco a convincerla a staccarsi, mi allontano con il cuore in gola e poi la sento distintamente scoppiare in un pianto disperato, e gridare "Voglio la mia mamma, dov'è la mia mamma?".

Giorni in cui tornando a casa per mettermi al computer per svolgere un lavoro che non amo più e che non mi dà nessuna prospettiva (e con il quale a stento arrivo a fine mese), mi ritrovo a pensare che vi odio.

Odio voi che avete la casa pagata, perché era di nonna o perché mamma e papà ve l'hanno comprata quando siete usciti di casa. Odio voi che non sapete cosa sia un mutuo al 100%. Odio voi che avete provato le gioie della maternità. E sì, intendo quella lavorativa. Voi che non avete dovuto lavorare fino a due ore prima di partorire e che non avete ripreso una settimana dopo, per paura di non trovare più un lavoro al vostro rientro e comunque per riuscire a pagare mutuo e bollette (che qui se non si lavora non arriva mica lo stipendio fisso). Voi che non avete lavorato per mesi con un bambino attaccato alla tetta o con un piede che cullava una sdraietta mentre cercavate di concentrarvi su un cazzo di articolo da pochi centesimi. Voi che avete passato mesi, se non anni, a vivere ogni istante dei vostri bambini, a farvi un giro con il passeggino alle 11 del mattino di un martedì qualsiasi. Voi che non dovete trascinare via dal parchetto i vostri figli piangenti perché un datore di lavoro prende alla lettera il concetto di "freelance" chiedendovi lavori urgenti in orari improbabili. Voi che non dovete trasformarmi in strozzini a fine mese. Voi che potete permettervi di scegliere se fare o meno le casalinghe. Voi che avete le ferie, e magari la malattia. Che per me "malattia" è quando lavoro con il catino per vomitare accanto alla scrivania. Voi che trovate il tempo e la voglia per fare la pasta di sale fatta in casa anziché comprare il didò. Voi che non avete visto partire metà del vostro stipendio per un nido. Voi che a luglio non dovete sborsare cifre improbabili per un centro estivo, e che in questo momento state preparando i panini per passare la giornata in piscina con i vostri figli. Voi.

Che poi non è vero che vi odio. È chiaro che vi invidio.

martedì 14 luglio 2015

I 5 vantaggi di avere una figlia riccia

Emma è nata con quattro peli in croce, e per due anni abbondanti ha avuto una chioma particolarmente "neonatesca": qualche pelo qua e là, ciuffi di capelli lunghi, chiazze di pelata e zone di peluria. Un obrobrio. E se ho il coraggio di dirlo io, che sono la madre, significa che la testa della mia povera gnometta non era davvero un bel vedere. Ho risolto a modo mio: rasandola a zero.

Poi Emma è andata alla materna e sono cominciate le paturnie da piccola donna: ha cominciato a chiedermi perché le principesse delle fiabe e soprattutto le sue compagne di classe avessero i capelli lunghi e lei no. E io ho ceduto, cominciando a riversare tutta la mia mania di "darci un taglio" sui miei poveri capelli e lasciando crescere i suoi.

E così dopo tre anni ho scoperto di avere una figlia riccia. Per il momento Emma ha dei boccoli dorati che le arrivano ancora a metà coppino e che, come spesso succede, potrebbero trasformarsi tra qualche anno in una massa di capelli neri e dritti come spaghetti. Ma per il momento ho una figlia riccia. Il che porta almeno cinque vantaggi:

mercoledì 8 luglio 2015

Fantasia VS realtà: solo un drago può vincere la battaglia

Dopo aver visto Dragon Trainer, la Gnoma ha deciso che i draghi battono i Mini Pony 4 a 0. Qualche tempo fa le ho fatto trovare un pupazzo di Sdentato sul balcone di casa, e le ho spiegato che avendo la coda rotta probabilmente ha perso quota mentre sorvolava casa nostra e si è schiantato davanti alla portafinestra. È stato amore: Emma lo ha subito accolto in casa e curato con il suo kit della Dottoressa Peluche.

La Gnoma ha 3 anni e una grande fantasia, ma è anche capace di distinguere sogno e realtà. E non è colpa mia, perché io, da quando è nata, non faccio che parlarle di fate, gnomi, draghi e sirene. Perché io ho scoperto che Babbo Natale non esiste quando ero alle medie, e sogno un'infanzia del genere anche per mia figlia. Peccato che lei possa parlare per ore con il suo orsetto di peluche, ma se io provo a imboccarlo mi fa pat-pat sulla spalla dicendomi "Mamma... guadda che è finto".

Comunque dicevamo, i draghi.

La gnoma sul "drago"
Questo weekend siamo andati in montagna con i nonni. Dopo due ore di passeggiata (che la gnoma ha passato senza mai toccar terra, tra lo zaino di papino e le spalle del nonnino) ci siamo fermati per un pic-nic. Noi eravamo distrutti, Emma era fresca come una rosa e ci ha costretto a esplorare i boschi nei dintorni alla ricerca di draghi. A un certo punto, Nonno M., che si era fracassato gli zebedei a forza di fare su e giù dalla montagna e che bramava il suo panino con crudo e sottiletta, le ha indicato un grosso tronco tagliato dai contorni frastagliati, dicendole che si trattava di un enorme drago dormiente. Emma è parsa divertita e affascinata dalla cosa, anche se, quando mi sono avvicinata, mi ha chiarito che non si trattava di un drago vero ma solo di un grosso tronco (che io son buona e cara ma anche un po' tarda, evidentemente).

"Nonna vieni a vedele il dlago, vieni!" ha gridato poi la gnoma, rivolgendosi a Nonna P. ma continuando a tranquillizzarmi e a ricordarmi che si trattava solo di un tronco, anche se io le ribadivo che, secondo me, era davvero un grande drago addormentato.

Nonna P. ci ha raggiunti ingoiando l'ultimo pezzo di panino e, con tutta calma, si è seduta sul tronco. Poi, spalancando gli occhi, si è rivolta alla gnoma: "Oh oh... mi sa che si sta svegliando... Vieni a sentire, Emma, si muove!". La risposta della mia gnometta coraggiosa, realista, sgamata e disillusa?

"Ah... Beh... io vado eh? Ciao".

Non ci si è più avvicinata. Fantasia 1, realtà 0. Tiè.

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