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martedì 12 febbraio 2013

Quella telefonata

Il silenzio della notte rotto dallo squillo del telefono di casa. E tu prima pensi "No cazzo, la Gnoma si sveglia". Poi ti rendi conto che saranno le tre del mattino, e che è una di quelle telefonate. E rimani lì, sotto le coperte, gelata dal terrore. Perché sai quanto ti cambiano la vita quelle telefonate. Si sveglia anche lui ed entrambi rimanete nel letto, sperando che il telefono smetta di squillare. Cosa che accade. E lì è una questione di attimi: se finisce qui significa che si è trattato di uno scherzo telefonico, di un contatto, di un errore. Se comincia a squillare uno dei due cellulari significa che era una di quelle telefonate. E rimani immobile, in attesa di sapere a chi toccherà.
Poi suona il suo cellulare.
"Pronto.... No....".
E tu sai bene quale sarà la domanda successiva, l'inevitabile, assolutamente inutile domanda successiva.
"Come?".
L'hai fatta anche tu quando hai ricevuto quelle telefonate in passato. Perché la prima cosa che vuoi sapere quando ti dicono che non vedrai mai più una persona cara è come è potuto succedere. Soprattutto se l'hai vista un paio di giorni prima in perfetta salute.
"E' morta mia nonna" ti dice lui, mettendo giù il telefono. Tu lo avevi capito, forse già al secondo squillo di quella telefonata. La Gnoma dorme tra voi, nel lettone. C'è un gran silenzio.
E tu corri subito con la mente all'ultima volta che l'hai vista. E' inevitabile come quel "Come?". Quando ti dicono che non rivedrai mai più una persona ti domandi se le ultime cose che le hai detto, le ultime ore passate con lei sono state all'altezza del momento. E puntualmente non è così, soprattutto se niente faceva pensare che quello sarebbe stato il momento. Perché la vita non è un film: l'ultimo saluto a una persona cara è raramente un "ti voglio bene" con abbraccio scenografico.
Ripensi a quell'ultima serata insieme, il giorno del compleanno della Gnoma. Ripensi a quella risposta un po' scocciata che le hai dato, alla Gnoma che, come al solito, stava in braccio a tutti tranne che a lei. Ripensi a lei che provava a togliersi gli occhiali sperando che fossero quelli a spaventare la bambina. Ripensi a quanto se l'era presa a male per un nonnulla. Ripensi al fatto che forse, in quella baraonda, non le hai nemmeno detto "ciao" prima di andartene.
E poi ti rendi conto che se a te, quella telefonata, ha provocato tutti quei pensieri e quel groppo in gola, a qualcun altro ha cambiato la vita. E solo allora, pensando alla sua famiglia, ti lasci scappare una lacrima. Poi afferri la manina della Gnoma e torni ad ascoltare il silenzio.

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